IL COLERA

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IL COLERA A EMPOLI

(1835-1836-1837-1849)

Gran Bretagna, Paesi Bassi, Europa centrale, Francia, nel 1832 il colera bussava alle frontiere italiane, era ormai solo una questione di tempo ed il contagio avrebbe colpito anche le città del nord Italia, che infatti si stavano già organizzando creando “lazzeretti” nella speranza di non farsi trovare impreparate.

Nel 1835 i primi casi si palesarono a Livorno, La diffusione in città fu velocissima e migliaia di livornesi in fuga dal colera si diressero verso l’interno della Toscana, portando il contagio anche in citta’ e paesi distanti dalla costa. Fu infatti da Livorno che l’epidemia si diffuse nell’ empolese. Sono moltissime le notizie che si possono trovare sul decorso del contagio a Empoli e Limite grazie ad un pool di medici e chimici che non solo combatterono la malattia sul campo a rischio della loro vita (il Dr Fucini di Limite non solo morì per i postumi del colera ma ebbe la famiglia decimata quando in seguito alle cure prestate al primo infetto documentato “portò la malattia” a casa sua), ma fecero anche altro. Questo pool ebbe anche un approccio moderno nel combattere la malattia con un continuo scambio di informazioni, gestione dei casi, elaborazione di cure condivise ed esame anamnesico dell’ ambiente (macrozona: il territorio) (microzona: ambiente di vita dei contagiati).

Prima di elencare i primi casi che portarono il Colera “da noi” è doveroso elencare questi combattenti:

Pietro Betti: chirurgo a S.Maria Nuova e insegnante di istituzioni chirurgiche. Nominato responsabile dei lazzeretti toscani durante l’ epidemie di colera;

Antonio Salvagnoli Marchetti: medico, coordinatore degli interventi contro il colera nellempolese, in seguito per l’efficenza e preparazione dimostrata fu nominato Medico Ispettore della Commissione Sanitaria Grossetana (amico del Dr Turchetti elencato di seguito);

Odoardo Turchetti: medico condotto nominato dal Governo come sostituto del Dr Fucini fino alla fine dell’emergenza colera;

Fucini: medico condotto nel comune di Limite, curò i primi malati nel suo comune, riconoscendo la malattia e attivando il gruppo di esperti che subito dopo iniziarono il loro lavoro;

Prof.Cav. Targioni Tozzetti: chimico, inviato a Empoli e Limite per lo studio degli ambienti e dei pozzi;

Pandolfi Andrea: medico, nominato responsabile dei lazzeretti empolesi. Col Dr Pandolfi viene citato lo stretto collaboratore Dr. Susini.

Una menzione particolare la merita la Misericordia di Empoli che fu parte itegrante del soccorso agli infetti e ricorderemo con l’elogio dedicato alla “Venerabile Arciconfraternita” dal Cav. D. Luciani inserito alla fine del post.

I PRIMI CASI (Limite):

  1. “Il paziente numero 1”, come si dice oggi fu Antonio Caparrini (limitese) lavorante presso la villa del Marchese Cosimo Ridolfi. Il Dr Fucini dopo aver visitato il Caparrini tornò a casa e si cambiò degli abiti, abiti dei quali si occupò la madre del chirurgo, Ancilla Fucini (60 anni) rimanendo infetta e morta pochi giorni dopo. Ancilla fu la prima delle vittime di casa Fucini, morì poco dopo il padre del medico, Lorenzo. Seguirono altri 5 morti nella famiglia

  2. Il secondo paziente contagiato fu Cecchi Jacopo, anche lui visitato dal Dr Fucini, il Cecchi a differenza del Caparrini guarì.

  3. Dopo i primi due malati un terzo caso, Angiolo Bini, si manifestò a Limite. In un paese che contava al tempo circa 600 abitanti è facile immaginare l’angoscia che iniziò a diffondersi.

Il manifestarsi della malattia attivò il pool di esperti ed infatti il Salvagnoli riferisce a Pietro Betti la relazione che Targioni Tozzetti preparò nei giorni successivi. Ricordiamo che la maggior parte delle informazioni riportate derivano infatti dai riscontri che i medici condividevano tra di loro.

Nel suo studio degli ambienti di Empoli e Limite Tozzetti non rileva per la prima nessuna criticità, criticità che invece trova per Limite evidenziando che le acque in arrivo dal Montalbano non fluivano facilmente in Arno, rilevava inoltre che lo stesso Monte Albano creava un pericoloso ristagno di aria sul paese. Altro problema esistente in Limite era presentato dalla grande fabbrica di candele in sego. Queste informazioni portarono il Dr Turchetti a dichiarare nelle sue considerazioni finali che: “-io sarei propenso a considerare le cause intrinseche al paese come preparanti e fomentanti, e le estrinseche come occasionanti ed efficienti la malattia”.

Per quanto riguardava la ricerca dei contatti tra i contagiati e possibili cause si scoprì che il Caparrini aveva dato ospitalità ad una livornese in fuga dalla città. Stessa cosa avevano fatto gli altri ammalati, sia il Cecchi che il Bini convivevano da giorni con famiglie scappate da Livorno. Il Dr Fucini aveva avuto invece contatti diretti con tutti e tre.

I PRIMI CASI (Empoli):

Anche a Empoli molti livornesi erano ospitati da giorni in città e frequentissimi erano i contatti commerciali con Livorno, sia tramite la strada postale Firenze-Livorno sia tramite i navicelli in Arno. Contatti che furono immediatamente sospesi grazie ad un cordone sanitario che venne creato al diffondersi dei primi casi di colera. Fu infatti un navicellaio di Avane il primo contagiato empolese:

Gaspero Allegri: appena rientrato col suo navicello carico di merci da Livorno, dove aveva sostato per 3 giorni mostrò i segni della malattia. Nel periodo passato a Livorno L’Allegri aveva visto morire il figlio di colera.

Vannini (anni 35): navicellaio, di sana e robusta costituzione era morto pochi giorni dopo l’ Allegri;

bambina di casato Lupi (nome sconosciuto): morta 2 giorni dopo il Vannini;

bambinaia del figlio del Deputato Giuliano Ricci: fuggita da Livorno, la famiglia Ricci si era rifugiata nella villa di Gricciano. Ai primi segni della malattia erano stati chiamati i medici di Montespertoli che si erano rifiutati. La donna fu salvata dalle cure del Dr Salvagnoli;

profugo livornese: già ammalato era accompagnato da un barrocciaio, prima di entrare in Cerreto Guidi furono affrontati da una folla inferocita che non li fece entrare in paese. Al barrocciaio non rimase che dirigersi a Empoli e lasciare l’ammalato alle cure del Dr Pandolfi che lo ricoverò nel lazzeretto di Avane.

Questi i primi casi che colpirono Empoli. Se per la bambinaia del Deputato Ricci, del profugo e dell’ Allegri fu facile trovare il collegamento con Livorno per gli altri due fu più complicato stabilire i contatti finchè non furono così ricostruiti: il Vannini, navicellaio come l’Allegri si era recato a trovarlo il giorno precedente a quello in cui si manifestarono i sintomi. La bambina era invece rimasta contagiata dagli abiti dell’ Allegri. Il Salvagnoli dopo aver visitato Gaspero Allegri aveva ordinato di bruciarne tutti gli abiti e pagliericci. Gli abiti in attesa di essere bruciati erano entrati in contatto con la bambina.

Dopo che nel primo periodo la malattia rimase circoscritta a pochi casi negli anni successivi si diffuse largamente.

Il Dr Pandolfi elencava così i casi Empolesi nel 37:

Empoli 166 casi

Avane 47 casi

Pontorme 25 casi

S.Maria 26 casi

Pagnana 8 casi

Marcignana 1 caso

Riottoli 10 casi

Cortenuova 17 casi

S.Giusto 2 casi

Monterappoli 17 casi

Bastia 3 casi

Corniola 1 caso

Ponzano 1 caso

Brusciana 1 caso

TOTALE 325 casi

Il colera venne considerato debellato a fine 1849 con quello che il Dr Salvagnoli definisce il metodo Turchetti. Da sottolineare l’abbondante utilizzo di “oppio” come antidolorifico.

ELOGIO ALLA VENERABILE ARCICONFRATERNITA DELLA MISERICORDIA EMPOLESE

“Quello stabilimento (Misericordia di Empoli) potrebbe onorare qualunque città, anzi, così netto, così ampio, così ben ordinato, così cristianamente condotto, da destare meraviglia e riverenza, non è tanto facile ad osservarsi in altri paesi civilizzati. Ivi ammassi di biancheria da darsi ai poveri, e colla biancheria anche l’ elemosina del denaro. Nè si creda che abbia rendite di beni; no; tutto si regge sulla tassa di 2 lire all’ anno dei fratelli, e su quel di più che possono accumulare da qualche elargizione; ma l’amministrazione si compie col suggello della carità, e tutto si opera collo zelo proprio di essa. La biancheria passò anche allo spedale di Avane, e per tutto penetrò lo spirito de’ suoi benefizi. Si fecero le lettighe per i trasporti ed i colerosi ad ogni momento confortevolmente furono trasportati. Mancavano gli assistenti nelle case, mancava chi si prestasse a qualunque utile ed indispensabile operazione; e dodici sempre di turno prestavano giorno e notte la loro assistenza ai malati a domicilio. Bella e santa lezione per quei paesi dove ebbe luogo l’ emigrazione delle principali famiglie”.

Fonti: 1° e 2° considerazione sul colera asiatico che contristò la Toscana dal 1835;

documenti annessi alla considerazione sul colera asiatico che attristò la Toscana dal 1835;

Gazzetta medica Italiana federativa Toscana vol.2 1856.

IL BEATO DI SANTA MARIA

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IL BEATO

 

L’8 marzo 1510 muore, all’età di 50 anni, nel comvento di S.Maria a Ripa,
Fra Bartolomeo Magi da Anghiari. Fra Bartolomeo non è un frate come tutti
gli altri, ormai da anni vive in odore di santità e diversi miracoli gli sono riconosciuti,
Fra Bartolomeo è inoltre colui che più di ogni altro ha postulato la
costruzione della chiesa della S.Croce a Anghiari. Proviamo a farne una piccola biografia aiutandoci con la “vita de Snti e Beati fiorentini” di Giovanni
Maria Brocchi.
Fra Bartolomeo all’età di 19 anni entra in convento al Santuario della Verna,
anche suo fratello seguirà il medesimo percorso col nome di Fra Girolamo.
Anche se giovane viene nominato “Maestro dei novizi” per la sua ferrea osservanza alle regole dell’Ordine. Diversi avvenimenti miracolosi gli vengono
riconosciuti in questo periodo: riceve la notizia della morte della sorella durante una visione e più volte viene visto lievitare nella posizione del crocefisso.
Viene infine destinato al convento di S.Maria dove, fino al giorno della sua
morte, continuerà con la sua convinta osservanza delle regole francescane,
oltre al ripetersi di eventi e guarigioni miracolose. Dopo la morte le spoglie
verranno sistemate sotto l’ altare maggiore, fino a quando,per paura di furti,
il corpo viene spostato in sacrestia. Su iniziativa del guardiano del convento,
Fra Valerio Martelli, si decide di riportare Fra Bartolomeo sotto l’altare maggiore. Viene interessato anche il Granduca Ferdinando che si prende a cuore della cosa. Lo stesso Granduca volle essere presente il giorno della traslazione, giorno in cui diversi prodigi vennero osservati.
Negli anni seguenti,sempre più forte si fece la devozione verso il frate Beato.
Riportiamo di seguito alcune “guarigioni” avvenute nell’empolese, anche in
queste descritte nella “vita de Santi e Beati fiorentini”:
– “fanciulla di anni 10, per nome Caterina, figliuola di Michel Biancone,
guarita da febbre quartana,dopo aver toccato la cassa mentre veniva
portata in processione;
– Lisabetta Fugnietti di Bassa;
– Maddalena di Silvestro;
– “Michele Zerini travagliato da gran dolore di testa in maniera che da
molti giorni non poteva prendere riposo, invocato il Beato Bartolomeo
restò subito libero.
Da notare che questo miracolo viene attribuito al frate Beato nei primi
anni del 1600, e che come si evince da documenti conservati
presso L’Archivio storico del comune di Empoli, viveva un tal “Michele
Zerini, titolare di un osteria.
Nel mese di agosto 1603 le spoglie mortali (una parte) poterono tornare
al paese natale.

LA CROCE DI CORNIOLA

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Un’altra parrocchia empolese oltre a S.Maria a Ripa è stata retta da un religioso in seguito dichiarato beato. Il religioso in questione è il Beato Angelo Paoli, e la parrocchia è la chiesa del Carmine dedicata ai Santi Simone e Giuda a CORNIOLA, dove rimase per soli 12 mesi. Oltre a qualche cenno sulla sua vita concentreremo questa brevissima biografia sul periodo passato a Empoli, furono infatti molte le parrocchie in cui Padre Angelo Paoli prestò la sua opera.
Padre Angelo Paoli nacque ad Argigliano (Massa-Carrara) il 1 settembre 1642 da Angiolo Paoli e Santa Morelli. Rimasto orfano e sentito il richiamo della fede si presentò al Vescovo di Sarzana che gli conferì la “tonsura” ed i primi due ordini minori (1660) col nome di Francesco Cerviis (cognome di una prozia).
Passò poi al convento dei Carmelitani. Dimostrò da subito il suo amore per i poveri e deboli, una forte
rigidità morale e purtroppo numerosi problemi di salute. Dopo essere stato a Pisa e Firenze venne mandato a curarsi a Pistoia. Tornato a Firenze fu da qui inviato a Corniola nel 1676, dove rimase fino all’ottobre del 1677. Attorno alla sua figura aleggiava un aria di fama e santità tanto che ad ogni sua uscita per i servizi di chiesa era seguito da decine di persone e fanciulli come una chioccia con i pulcini.
“Passa Padre Angelo con i pulcini” era diventato proverbio a Empoli. Cercò di risvegliare l’interesse per la passione di Cristo e A TALE SCOPO SI FECE CONSEGNARE DALLA GUARDIA DI S.A.R. 2 PINI CON CUI FECE UNA CROCE ALTA CIRCA 5 METRI, E LA POSIZIONÒ SU UN COLLE VICINO CHE CHIAMAVANO “CUCULIO” E CHE SI TROVAVA VICINO ALLA STRADA.

La croce rimase al suo posto per molti anni fino a quando non fu distrutta dalle intemperie. Nel bosco vicino erano presenti molte grotte nelle quali il religioso si ritirava a pregare. Quando nell’ottobre successivo fu trasferito a Siena, molti empolesi testimoniarono sotto giuramento l’operato del Beato.
La vita successiva del Beato fino alla morte (1720), ed i numerosi miracoli riconosciuti dalla Chiesa sono storia di tutti e non più empolese.

LE TRECCIAIOLE

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Lo sciopero delle TRECCIAIOLE  24/05/1896

Una grave carestia investì la nostra zona a partire dal 1894. Quando il terreno
iniziò a non dar più da vivere, molte donne abbandonarono il lavoro nei campi, reimpiegandosi come lavoratrici per i produttori di cappelli di paglia, o come impagliatrici per i fiaschi della grande industria vetraria empolese.
Il numero delle trecciaiole (nome che racchiude genericamente tutte le lavoratrici della paglia) ebbe una crescita esponenziale; nel 1896 su richiesta dell’ apposita commissione d’inchiesta presieduta da Luigi Ridolfi, fu fatto un censimento volto a capire quante empolesi fossero impiegate nella lavorazione della paglia. Tra il centro e le varie frazioni il loro numero superava abbondantemente le 1.500 unità (cifra indicata per difetto) su una popolazione totale che non raggiungeva i 20.000 abitanti.

AVANE 118 trecciaiole
MARCIGNANA 57 trecciaiole
S.PIETRO/PAGNANA 52 trecciaiole
PONTORME 189 trecciaiole
BRUSCIANA 53 trecciaiole
S.MARIA 215 trecciaiole
BASTIA 32 trecciaiole
RIOTTOLI 22 trecciaiole
PIANEZZOLI 24 trecciaiole

La sovrabbondanza di manodopera, l’elevato costo della materia prima e una
speculazione eccessiva resero la retribuzione delle trecciaiole non solo non dignitosa ma insufficiente per la sopravvivenza. Il compenso giornaliero non raggiungeva le 30 lire; a Empoli la situazione era ancor più grave rispetto
ai paesi vicini per una peculiarità tutta “nostra” nell’ organizzazione del lavoro. Le trecciaiole empolesi compravano di tasca propria la paglia da lavorare che poi consegnavano, come prodotto finito, ai FATTORINI (intermediari che contrattavano direttamente con produttori e negozianti).
Dai primi giorni del 1896 Empoli e le sue frazioni sono teatro quotidiano di di-
sordini e tumulti; il Governo centrale inviò una compagnia del 9° Bersaglieri con compiti di ordine pubblico. Quando a Marzo dello stesso anno è programmato il rientro della compagnia, il preoccupatissimo Comune di Empoli richiede al Governo, con delibera 11/03/1896,di mantenere una presenza
militare sul territorio, accollandosi la spesa per gli alloggi (albergo Giappone,
locanda “L’Italia”). Il Comune nella stessa delibera evidenzia come pericolosa e destabilizzante sia la presenza del Partito Socialista. Nel giugno del 1896
anche la Prefettura richiede rinforzi di polizia, al fine di controllare i “partiti estremisti” presenti in comune. La richiesta di invio di truppe non viene accolta.

Nei primi giorni di maggio sono iniziati gli scioperi nell’area fiorentina. Per cercare di risolvere la situazione, il 22 maggio il Presidente della Camera di
commercio riunisce commercianti e fattorini a nella sala della Borsa.
Al termine della riunione vengono prese le seguenti decisioni:

1) la produzione dei cappelli di paglia sarà retribuita con 0,30/0,40 lire per il 12 e 0,10/0,13 per ogni giro successivo fino al 15 poi 0,07 per ogni giro successivo fino al 20. Per le trecce, non potendo stabilire un minimo si applicherà lo stesso principio di progressività;

2) soppressione dei fattorini secondari;

3) creazione di un sodalizio e immediata apertura di una nota di acquisto;

4) pubblicazione entro la sera stessa di un manifesto contenente le conclusioni.

Lista degli industriali che sottoscrissero l’accordo ed i relativi impegni di spesa:

Franceschini Pietro 30.000 cappelli

Santini Tullio 40.000 cappelli 20.000 trecce

F.lli Filippni 10.000 cappelli 10.000 trecce

Tesi Pietro 50.000 trecce

Conti e Mannozzi 5.000 cappelli 20.000 trecce

Burghisser 25.000 cappelli 25.00 trecce

Tozzi Adolfo 5.000 cappelli 5.000 trecce

Camilli e figli 30.000 trecce

F.lli Ballerini 15.000 cappelli 10.000 trecce

Ladstalter P. 15.000 cappelli 10.000 trecce

Cozzi Amos 5.000 cappelli 5.000 trecce

F.lli Derberg 12.000 cappelli 20.000 trecce

Stagis G. 1.000 cappelli 1.000 trecce

GLI SCIOPERI A EMPOLI

La mattina del 23 maggio, un piccolo gruppo di donne con cartelli inneggianti a pane e lavoro, parte da Pontorme e si riunisce con altre trecciaiole a S.Maria. In prossimità del convento vengono raggiunte dal delegato di Pubblica sicurezza Morelli, dai RR Carabinieri guidati dal M.llo Taddei e dagli agenti di Polizia Municipale che sequestrano le bandiere e disperdono le dimostranti. Le trecciaiole pontormesi, nel rientrare al borgo, sostano di fronte al Comune, l’assenza del Sindaco DelVivo (fuori città) le convince a rimandare la protesta.

La mattina del 24 trecciaiole di Spicchio, S.Maria, Avane e altre frazioni si recano a Pontorme. Le manifestanti raggiungono il numero di 3.000 e si dirigono verso il Palazzo Pretorio. Di fronte al palazzo trovano i RR Carabinieri e gli agenti di P.M. agli ordini del funzionario Morelli. I militari vengono colpiti da una fitta sassaiola. Una pietra ferisce gravemente il Morelli. I Carabinieri sguainano le sciabole ma vengono sopraffatti e calpestati dalle scioperanti.
Viene incendiato il portone del palazzo, a quel punto il Sindaco decide di ricevere una delegazione, le richieste saranno le seguenti:

1) prezzo minimo da pagare alle lavoranti L 1 per fattura di treccia o cucito per ogni cappello;
2) dal mercato successivo di giovedì 28 maggio tutti i fattorini dovranno essere
sostituiti da un rappresente delle fabbriche.
L’ impegno preso dal Sindaco calma le trecciaiole che alle 14.00 iniziano a disperdersi ma durante il lento defluire si sparge la voce di un ribasso nel prezzo dei “fasciatini” (i fiaschi da esportazione), i disordini riprendono e dureranno fino alla tarda serata. Alle 21.15 giunge alla stazione una compagnia del 5° fanteria di linea con compiti di ordine pubblico. I militari comandati dal Cap. Adolfo Senno e Ten. Sgarbi e Pagliesi (acquartierati nel convento delle Benedettine) riescono, nei giorni seguenti, a fermare i disordini.
In questo clima, il 31 maggio, il Col. Cosimini avvisa il Sindaco che il giorno
successivo la compagnia lascerà Empoli.

Purtroppo anche se terminano gli scontri, non finiscono i problemi per le lavoratrici empolesi, rimangono addirittura senza commesse di lavoro.
La sottoprefettura di S.Miniato individua il problema nei fattorini che continuano a gestire gli affari e a decidere i prezzi. Chiede al Sindaco di invitare le trecciaiole a rivolgersi direttamente ai commercianti. Ancora a settembre 1897 un fattorino di Ponte a Signa viene malmenato al mercato settimanale.

Le decisioni intraprese, oltre ad una robusta ripresa dell’economia iniziano a dare risultati. Nel 1898 la crisi delle trecciaiole va lentamente a risolversi.

FONTI:
Archivio storico comune di Empoli;
Emeroteca digit. Reg. Toscana.
“LA NAZIONE”;

I FATTI DI PRATOVECCHIO

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I DOCUMENTI DI PRATOVECCHIO
L’ eccidio del 24 luglio1944, dove 29 nostri concittadini furono vilmente fucilati per rappresaglia
si svolse in tre fasi:
– la sparatoria in Pratovecchio;
– il rastrellamento;
– la fucilazione.
Se delle ultime due si sa praticamente tutto, della sparatoria di S. Maria si conosce poco o niente.
L’ ANPI ha sempre affermato che la sera del 23, un gruppo di partigiani, pronto ad entrare in azione
venne sorpreso da una pattuglia tedesca e nella sparatoria che ne seguì 7 militari rimasero uccisi.
Alla luce dei documenti visionati e che trovate allegati, è possibile affermare che la ricostruzione
“ANPI” è corretta. E’ inoltre possibile capire l’antefatto che portò la pattuglia tedesca alla casupola,
si evince inoltre che nella nostra zona non agivano solo normali formazioni partigiane ma anche
gruppi “GAP”.
Questi i fatti:
(giorni precedenti il 23 luglio) la collaborazionista dei tedeschi xxxxxx xxxxxxxxx ha una discussione
con la moglie di un “gappista” di Avane e minaccia di rivelare ai tedeschi l’ubicazione della
casupola di Pratovecchio, usuale ritrovo partigiano.
(22/23 luglio) i tedeschi stanno minando ponti, fabbriche e campanili;
(23 luglio sera) un gruppo partigiano si ritova in Pratovecchio, sono pronti ad entrare in azione quella
notte per sabotare i piani tedeschi;
(tarda sera del 23 luglio) su indicazione della xxxxxx xxxxxxxx i tedeschi si recano al casottino di
S. Maria, sorprendono i partigiani in armi e pronti ad entrare in azione e nasce una sparatoria
nella quale sono proprio i tedeschi ad avere la peggio.
Si può quindi affermare che la pattuglia tedesca non scoprì casualmente i partigiani ma si recò in
Pratovecchio a seguito di una “soffiata”.

La Rivolta

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LA RIVOLTA DEL 1849

– 1846:Pio IX viene eletto Papa;
– 1847:circola in tutta Italia un forte spirito unitario.
Il tollerante Leopoldo II concede nel
granducato la libertà di stampa;
– 1848:Carlo Alberto nel regno di Sardegna ed il
Granduca in Toscana concedono la Costituzione.
A Firenze nasce il 1° governo
costituzionale. Nel Granducato viene adottata
la bandiera tricolore con lo stemma
degli asburgo-Lorena. Le truppe toscane
e molti volontari affiancano le truppe piemontesi
contro gli austriaci.
Il Granduca si allontana da Carlo Alberto,
incidenti a Livorno;
– 1849:Leopoldo II fugge volontariamente a Porto
Santo Stefano e nasce il governo provvisorio
Montanelli/Guerrazzi.
I toscani sono divisi tra favorevoli al
granducato e costituzionalisti.

NEL FRATTEMPO A EMPOLI.

– 02/1849:Più di 300 empolesi fedeli a Leopoldo
incendiano la stazione ferroviaria, alcuni
vagoni e alcuni capannoni vicini.
Verso Montelupo vengono divelti i binari.
Il generale D’Apico viene incaricato dal
governo provvisorio di sopprimere i tumulti.
La brigata composta da 2.000
uomini e 5 pezzi d’artiglieria si muove
verso Empoli. Il generale riceve fuori da
Montelupo una rappresentanza delle
personalità più importanti che manifesta
di dissociarsi dagli avvenimenti. I
militari proseguono verso Empoli ed
entrano in città in assetto da combattimento.
Si accasermano sul “campaccio”
e occupano militarmente la città con
rastrellamenti e arresti dei sospettati. La
notte del 19 un incendio in zona p.zza
S.Rocco fa pensare ad un sabotaggio
alla polveriera lì ubicata. Si dimostra un
falso allarme e tutto finisce con lo
spegnimento dell’incendio da parte dei
soldati.
Le campane di alcune chiese avevano
suonato per chiamare a raccolta i riottosi
durante gli incidenti, per tale motivo
il generale presenta un documento
del governo che ordina di requisire le
campane per farne cannoni da usare
contro gli austriaci. Dopo 2 giorni i
rappresentanti della comunità Empolese
e vicine fanno atto di sottomissione al
governo provvisorio, consegnano un
pezzo d’artiglieria allo scopo di salvare
le campane. Termina così la rivolta
empolese.